È la solennità del Corpus
Domini; abbiamo celebrato la luce sfolgorante della Pasqua,
abbiamo invocato il fuoco dello Spirito perché ci riempisse,
abbiamo innalzato la mente nel Mistero di Dio Trinità,
questa domenica andremo alla riscoperta dell'Eucarestia:
infatti si tratta proprio di ri-scoprire il dono
dell’Eucarestia abituati come siamo a celebrarLa con troppa
superficialità e distrazione. Come tutte le cose che
riguardano Dio, il rischio che incombe come un macigno sulla
nostra fede è proprio la banalità, l'abitudine, il "so già".
È difficile parlare del dono di sé che Gesù ci ha fatto nel
Pane e nel Vino di fronte a frasi del tipo: "Prendere
Messa" “Vedere la Messa”, “Ascoltare la Messa” che
banalizzano il Mistero; o di fronte a cristiani
non-praticanti che si giustificano ogni volta che incontrano
un sacerdote: "Verrei volentieri a Messa, ma lavoro tutta la
settimana e la domenica mi serve per svagarmi o fare quelle
cose che non riesco a fare durante la settimana"; o, peggio
ancora, di fronte a quelli che vanno a Messa come se la S.
Messa fosse la sfilata “modello Giuditta” per fare vedere a
Dio quanto siamo buoni e via dicendo.
Abbiamo bisogno di ripensare
le nostre “troppe Messe” “prese, viste o ascoltate” per
abitudine, per farci interrogare dalla Parola che con San
Paolo che scrive ai Corinzi ci ricorda “ciò che abbiamo
ricevuto”. L'Eucarestia, la S. Messa è il segno della
presenza di Cristo che ci raduna, è il Cristo di Dio che fa
"memoriale" della sua presenza, che si dona nel segno
semplice e sconvolgente del Pane e del Vino. Purtroppo
spesso viviamo la celebrazione dell’Eucarestia come una
coppia di sposi un po' stanca che non sa più stupirsi e sta
insieme più per abitudine che per amore. La preoccupazione è
che la nostra fede si appiattisca proprio davanti a tanta
grandezza. Il momento cardine della nostra fede,
l'Eucarestia, è troppe volte ridotto a cerimonia, a rito che
ci mette a posto la coscienza come se il buon Dio avesse
davvero bisogno della nostra lode. Spesso l’Eucarestia è
messa all'ultimo posto dopo il “sacrosanto” diritto al
riposo, dopo gli animali che alleviamo con cura e a cui
consacriamo la Domenica, dopo le gite, le mangiate con gli
amici, dopo il mare …, quasi come se la S. Messa fosse il
cartellino del "buon cristiano" da timbrare per essere
presentato a Dio nel giorno della resa dei conti. Spero di
poter essere smentito e di vedere un giorno gente che non
vede l'ora di incontrare Gesù presente nel Pane e nella
Parola. Abbiamo bisogno di piegare il cuore, oltre che le
ginocchia, davanti a quel Pane e a quel Vino che professiamo
essere la presenza concreta, reale, misteriosa di Cristo.
Paolo ci suggeriva che ogni
volta che compiamo, secondo quanto richiestoci dal Signore,
questo gesto, non facciamo che ripercorrere la Morte in
Croce di Cristo, il dramma di Dio che si consegna per Amore.
E oggi come allora, questo grido verso il Padre rischia di
restare sospeso nell'aria, inascoltato. Spesso sento dire
che la S. Messa,così come è celebrata è noiosa, manca la
fantasia nel preparare la Liturgia, la realtà: secondo me è
che manchiamo di fede. Se noi, assemblea liturgica avessimo
il coraggio di uscire dalla logica del “dovere”, saremmo
trasformati dall'incontro con Cristo; l’Eucarestia, invece
di finire in qualche decina di sbrigativi minuti, finirebbe
con l'uscire dalle nostre Chiese per entrare nelle nostre
case e diventare noi, come Lui, pane spezzato per un mondo
che muore di fame. Madre Teresa di Calcutta un giorno,
parlando a Milano, disse: "Le nostre città muoiono di fame,
le vostre città muoiono di fame d'amore".
Abbiamo bisogno di riscoprire
il valore della sorgente che possediamo, abbiamo bisogno di
dissetarci con la Parola e di sfamarci con il Pane. Abbiamo
bisogno di abbandonare le nostre, più o meno comode,
posizioni per metterci in gioco, come gli apostoli che
accettarono la sfida di condividere quel po' che avevano:
alcuni pani e alcuni pesci, per mettere in gioco la loro
stessa vita.
L'episodio della
moltiplicazione dei pani è posto da Luca nel momento in cui
Gesù conclude il suo ministero in Galilea e sta per
incominciare il suo viaggio verso Gerusalemme, dove morirà e
risusciterà. Questo significa che è un momento importante,
che rivela qualcosa di essenziale su Gesù.
Il messaggio è chiaro: siamo perennemente affamati di vita,
sempre alle prese con una vita limitata e minacciata, sempre
in cerca di una sazietà che non troviamo. Questo segno che
Gesù fa ci indica in quale direzione cercare: il pane lo dà
Gesù e in modo abbondante, tutti si saziano e ne avanza.
Ricevere questo Pane però ci richiede una conversione, come
è avvenuto per gli apostoli. C'è una prima proposta: "Congeda
la folla perché vada a procurarsi il pane". È la logica
del "ciascuno pensi per sé stesso". Poi una seconda: "Dobbiamo
andare noi a comprare il pane per tutti?" Questa è la
logica dell'aiutare il povero da ricchi, senza condivisione;
e questo non è lo stile di Gesù. Si arriva finalmente alla
logica nuova, quella adatta al nuovo Pane: la condivisione,
per la quale dalla nostra comune povertà condivisa il
Signore fa scaturire l'abbondanza della sua vita e della sua
festa. Ogni volta che questo avviene è un'esperienza
anticipata del Banchetto del Regno, quando speriamo di avere
in pienezza la gioia inebriante della comunione.
Partecipare alla Messa
significa chiedere a Dio e ottenere il nutrimento terreno
necessario per il sostentamento, e il Pane di Vita eterna
che è la Parola e il Corpo di Cristo; ma significa, al tempo
stesso, aprirsi alla nuova prospettiva della condivisione.
Chiaramente, l'episodio della
moltiplicazione dei pani e dei pesci è letto dalla Chiesa
primitiva in chiave eucaristica: la gente si raccoglie
attorno a Gesù e ha bisogno di cibo. Gesù parla del Regno,
guarisce "quanti avevano bisogno di cure", raccoglie quel
poco che l'uomo può offrirgli quale frutto del suo lavoro,
pani e pesci, "e, levati gli occhi al cielo, li
benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li
distribuissero alla folla". Parole e gesti che sono
ancora oggi quelli della nostra Messa: la folla raccolta
attorno a Gesù e da Lui sfamata è immagine della comunità
cristiana che si raccoglie alla Cena Eucaristica.
Allora è veramente necessario
riflettere sull'Eucaristia, per capire e vivere fino in
fondo il mistero che ci qualifica e ci costituisce popolo di
Dio. Davvero è il mistero della fede, come diciamo nella
Liturgia Eucaristica subito dopo la Consacrazione, ed è un
mistero grande, non tanto nel senso che non si capisce;
infatti, più che di una realtà misteriosa nel campo della
conoscenza intellettiva si tratta di un incredibile segno
d’Amore del Signore per noi. È il mistero di una continua e
particolarissima presenza. Gesù, infatti, nell'Eucarestia,
non è solo presente realmente, ed è già cosa grande, è
presente come Corpo "spezzato" e come Sangue "versato". In
tal senso, la festa del Corpus Domini è la festa di un Corpo
che può mostrare le ferite; la festa di un Corpo dal cui
costato esce "Sangue ed Acqua", come racconta Giovanni nel
suo Vangelo.
Nella tradizione di questa
festa, l'Eucarestia attraversa le strade della città e dei
paesi, anche del nostro, spesso addobbate con fiori per il
passaggio del Signore. È giusto fare festa. Abbiamo,
infatti, bisogno che nelle nostre strade, continui a passare
Uno che non è venuto per essere servito ma per servire, sino
a dare la Sua vita per noi. Ma il Signore, ricordiamolo
bene, può venire solo sotto le sembianze di uno “straniero”,
come fu per quei discepoli di Emmaus, ossia di uno che non è
“dei nostri”, che non fa parte del “nostro giro”, che viene
da fuori. Il suo stesso Corpo è presente in mezzo a noi in
modo diverso dal nostro: noi siamo attenti e preoccupati per
il nostro corpo, Egli invece è presente con un Corpo
"spezzato". Noi siamo tesi a difenderci con cure e ogni
genere di espedienti, egli passa tra noi versando tutto il
suo Sangue. Gesù Eucarestia è per noi uno “Straniero” nel
senso che è una contestazione continua al nostro modo di
vivere, alle attenzioni così premurose per star bene, al
nostro risparmiarci dalla fatica, al nostro stare lontano da
ogni responsabilità gravosa. Insomma, ognuno di noi tira al
risparmio quando si tratta di spendersi per gli altri e tira
al rialzo quando si tratta di ricevere. Il Signore,
nell'Eucarestia, mostra esattamente una concezione opposta:
Egli si è fatto nutrimento per gli uomini, perché noi tutti
fossimo trasformati in un solo corpo, quello di Cristo e
avessimo gli stessi sentimenti di Cristo. C'è, allora,
un'ulteriore considerazione da fare che riguarda i poveri:
anche loro sono il "corpo di Cristo". Mi pare determinante
l'ammonimento di San Giovanni Crisostomo: "Se volete onorare
il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è ignudo. Non
onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre
fuori del tempio trascurate quest'altro Cristo che è
afflitto dal freddo e dalla nudità". Ambedue sono il corpo
di Cristo. E Cristo non è diviso, a meno che non lo
dividiamo noi.
Amiamo dunque di più la
Santissima Eucarestia e chiediamo al Signore che ci renda
“Pane spezzato” per i fratelli. Solo allora comprenderemo a
fondo il perché di questo giorno di gioia e di festa.