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Riflessione sulle Letture Festive

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

6 Giugno 2010 - Corpus Domini - X Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Pubblicato: martedì 1 giugno 2010

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

È la solennità del Corpus Domini; abbiamo celebrato la luce sfolgorante della Pasqua, abbiamo invocato il fuoco dello Spirito perché ci riempisse, abbiamo innalzato la mente nel Mistero di Dio Trinità,  questa domenica andremo alla riscoperta dell'Eucarestia: infatti si tratta proprio di ri-scoprire il dono dell’Eucarestia abituati come siamo a celebrarLa con troppa superficialità e distrazione. Come tutte le cose che riguardano Dio, il rischio che incombe come un macigno sulla nostra fede è proprio la banalità, l'abitudine, il "so già". È difficile parlare del dono di sé che Gesù ci ha fatto nel Pane e nel Vino di fronte a frasi  del tipo: "Prendere Messa" “Vedere la Messa”, “Ascoltare la Messa” che banalizzano il Mistero; o di fronte a cristiani non-praticanti che si giustificano ogni volta che incontrano un sacerdote: "Verrei volentieri a Messa, ma lavoro tutta la settimana e la domenica mi serve per svagarmi o fare quelle cose che non riesco a fare durante la settimana"; o, peggio ancora, di fronte a quelli che vanno a Messa come se la S. Messa fosse la sfilata “modello Giuditta” per fare vedere a Dio quanto siamo buoni e via dicendo.

Abbiamo bisogno di ripensare le nostre “troppe Messe” “prese, viste o ascoltate” per abitudine, per farci interrogare dalla Parola che con San Paolo che scrive ai Corinzi ci ricorda “ciò che abbiamo ricevuto”. L'Eucarestia, la S. Messa è il segno della presenza di Cristo che ci raduna, è il Cristo di Dio che fa "memoriale" della sua presenza, che si dona nel segno semplice e sconvolgente del Pane e del Vino. Purtroppo spesso viviamo la celebrazione dell’Eucarestia come una coppia di sposi un po' stanca che non sa più stupirsi e sta insieme più per abitudine che per amore. La preoccupazione è  che la nostra fede si appiattisca proprio davanti a tanta grandezza. Il momento cardine della nostra fede, l'Eucarestia, è troppe volte ridotto a cerimonia, a rito che ci mette a posto la coscienza come se il buon Dio avesse davvero bisogno della nostra lode. Spesso l’Eucarestia è messa all'ultimo posto dopo il “sacrosanto” diritto al riposo, dopo gli animali che alleviamo con cura e a cui consacriamo la Domenica, dopo le gite, le mangiate con gli amici, dopo il mare …, quasi come se la S. Messa fosse il cartellino del "buon cristiano" da timbrare per essere presentato a Dio nel giorno della resa dei conti. Spero di poter essere smentito e di vedere un giorno gente che non vede l'ora di incontrare Gesù presente nel Pane e nella Parola. Abbiamo bisogno di piegare il cuore, oltre che le ginocchia, davanti a quel Pane e a quel Vino che professiamo essere la presenza concreta, reale, misteriosa di Cristo.

Paolo ci suggeriva che ogni volta che compiamo, secondo quanto richiestoci dal Signore, questo gesto, non facciamo che ripercorrere la Morte in Croce di Cristo, il dramma di Dio che si consegna per Amore. E oggi come allora, questo grido verso il Padre rischia di restare sospeso nell'aria, inascoltato. Spesso sento dire che la S. Messa,così come è celebrata è noiosa, manca la fantasia nel preparare la Liturgia, la realtà: secondo me è che manchiamo di fede. Se noi, assemblea liturgica avessimo il coraggio di uscire dalla logica del “dovere”, saremmo trasformati dall'incontro con Cristo; l’Eucarestia, invece di finire in qualche decina di sbrigativi minuti, finirebbe con l'uscire dalle nostre Chiese per entrare nelle nostre case e diventare noi, come Lui, pane spezzato per un mondo che muore di fame. Madre Teresa di Calcutta un giorno, parlando a Milano, disse: "Le nostre città muoiono di fame, le vostre città muoiono di fame d'amore".

Abbiamo bisogno di riscoprire il valore della sorgente che possediamo, abbiamo bisogno di dissetarci con la Parola e di sfamarci con il Pane. Abbiamo bisogno di abbandonare le nostre, più o meno comode, posizioni per metterci in gioco, come gli apostoli che accettarono la sfida di condividere quel po' che avevano: alcuni pani e alcuni pesci, per mettere in gioco la loro stessa vita.

L'episodio della moltiplicazione dei pani è posto da Luca nel momento in cui Gesù conclude il suo ministero in Galilea e sta per incominciare il suo viaggio verso Gerusalemme, dove morirà e risusciterà. Questo significa che è un momento importante, che rivela qualcosa di essenziale su Gesù.
Il messaggio è chiaro: siamo perennemente affamati di vita, sempre alle prese con una vita limitata e minacciata, sempre in cerca di una sazietà che non troviamo. Questo segno che Gesù fa ci indica in quale direzione cercare: il pane lo dà Gesù e in modo abbondante, tutti si saziano e ne avanza. Ricevere questo Pane però ci richiede una conversione, come è avvenuto per gli apostoli. C'è una prima proposta: "Congeda la folla perché vada a procurarsi il pane". È la logica del "ciascuno pensi per sé stesso". Poi una seconda: "Dobbiamo andare noi a comprare il pane per tutti?" Questa è la logica dell'aiutare il povero da ricchi, senza condivisione; e questo non è lo stile di Gesù. Si arriva finalmente alla logica nuova, quella adatta al nuovo Pane: la condivisione, per la quale dalla nostra comune povertà condivisa il Signore fa scaturire l'abbondanza della sua vita e della sua festa. Ogni volta che questo avviene è un'esperienza anticipata del Banchetto del Regno, quando speriamo di avere in pienezza la gioia inebriante della comunione.

Partecipare alla Messa significa chiedere a Dio e ottenere il nutrimento terreno necessario per il sostentamento, e il Pane di Vita eterna che è la Parola e il Corpo di Cristo; ma significa, al tempo stesso, aprirsi alla nuova prospettiva della condivisione.

Chiaramente, l'episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci è letto dalla Chiesa primitiva in chiave eucaristica: la gente si raccoglie attorno a Gesù e ha bisogno di cibo. Gesù parla del Regno, guarisce "quanti avevano bisogno di cure", raccoglie quel poco che l'uomo può offrirgli quale frutto del suo lavoro, pani e pesci, "e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla". Parole e gesti che sono ancora oggi quelli della nostra Messa: la folla raccolta attorno a Gesù e da Lui sfamata è immagine della comunità cristiana che si raccoglie alla Cena Eucaristica.

Allora è veramente necessario riflettere sull'Eucaristia, per capire e vivere fino in fondo il mistero che ci qualifica e ci costituisce popolo di Dio. Davvero è il mistero della fede, come diciamo nella Liturgia Eucaristica subito dopo la Consacrazione, ed è un mistero grande, non tanto nel senso che non si capisce; infatti, più che di una realtà misteriosa nel campo della conoscenza intellettiva si tratta di un incredibile segno d’Amore del Signore per noi. È il mistero di una continua e particolarissima presenza. Gesù, infatti, nell'Eucarestia, non è solo presente realmente, ed è già cosa grande, è presente come Corpo "spezzato" e come Sangue "versato". In tal senso, la festa del Corpus Domini è la festa di un Corpo che può mostrare le ferite; la festa di un Corpo dal cui costato esce "Sangue ed Acqua", come racconta Giovanni nel suo Vangelo.

Nella tradizione di questa festa, l'Eucarestia attraversa le strade della città e dei paesi, anche del nostro, spesso addobbate con fiori per il passaggio del Signore. È giusto fare festa. Abbiamo, infatti, bisogno che nelle nostre strade, continui a passare Uno che non è venuto per essere servito ma per servire, sino a dare la Sua vita per noi. Ma il Signore, ricordiamolo bene, può venire solo sotto le sembianze di uno “straniero”, come fu per quei discepoli di Emmaus, ossia di uno che non è “dei nostri”, che non fa parte del “nostro giro”, che viene da fuori. Il suo stesso Corpo è presente in mezzo a noi in modo diverso dal nostro: noi siamo attenti e preoccupati per il nostro corpo, Egli invece è presente con un Corpo "spezzato". Noi siamo tesi a difenderci con cure e ogni genere di espedienti, egli passa tra noi versando tutto il suo Sangue. Gesù Eucarestia è per noi uno “Straniero” nel senso che è una contestazione continua al nostro modo di vivere, alle attenzioni così premurose per star bene, al nostro risparmiarci dalla fatica, al nostro stare lontano da ogni responsabilità gravosa. Insomma, ognuno di noi tira al risparmio quando si tratta di spendersi per gli altri e tira al rialzo quando si tratta di ricevere. Il Signore, nell'Eucarestia, mostra esattamente una concezione opposta: Egli si è fatto nutrimento per gli uomini, perché noi tutti fossimo trasformati in un solo corpo, quello di Cristo e avessimo gli stessi sentimenti di Cristo. C'è, allora, un'ulteriore considerazione da fare che riguarda i poveri: anche loro sono il "corpo di Cristo". Mi pare determinante l'ammonimento di San Giovanni Crisostomo: "Se volete onorare il corpo di Cristo, non disdegnatelo quando è ignudo. Non onorate il Cristo eucaristico con paramenti di seta, mentre fuori del tempio trascurate quest'altro Cristo che è afflitto dal freddo e dalla nudità". Ambedue sono il corpo di Cristo. E Cristo non è diviso, a meno che non lo dividiamo noi.

Amiamo dunque di più la Santissima Eucarestia e chiediamo al Signore che ci renda “Pane spezzato” per i fratelli. Solo allora comprenderemo a fondo il perché di questo giorno di gioia e di festa.

 

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