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Riflessione sulle Letture Festive

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

18 Aprile 2010 - III Domenica di Pasqua (Anno C)

Pubblicato: martedì 13 aprirle  2010

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

Il Vangelo che ascoltiamo questa domenica ci presenta sette discepoli che  vanno a pescare nel mare di Tiberiade. Niente di nuovo si direbbe, fanno quello che hanno fatto tante volte, ma è quello che hanno fatto prima di aver incontrato Gesù. Compiono un gesto che era stato per loro usuale, quotidiano. Tante volte avranno sperimentato la gioia di una pesca abbondante. Ora, questa notte, provano delusione perché questa volta la rete è vuota, non hanno preso nulla. I discepoli hanno lavorato, faticato tutta la notte: questo vale per tutti i discepoli, pensando sia alla fatica fisica sia a quella spirituale, la fatica che accompagna le nostre opere e i nostri giorni. Non solo c’è la fatica, ma anche il senso di delusione; alla fatica, all’impegno non corrisponde un risultato: in quella notte non presero proprio nulla. E nel pieno della delusione e della stanchezza si sente una voce che sembra conosciuta, una parola che invita a riprovare, che intende risvegliare gli animi, risvegliare ad una fedeltà, ad una fiducia, ad un’apertura alla promessa di Gesù, del Signore che dice: «Buttate ancora le reti, riprovate ancora». I discepoli potevano cedere alla stanchezza, alla delusione, invece obbediscono, si fidano della parola che viene pronunciata, la parola sulla loro vita, si affidano, si abbandonano alla parola del Signore. Ed ecco, il miracolo si compie. E nel segno del miracolo sentono la presenza del Signore, del Risorto che non abbandona i suoi discepoli ma li accompagna sempre, che è sempre con loro nel loro cammino di vita e di fede. Le reti sono piene di pesci e reggono, non si spezzano, i cuori sono ripieni di gioia e di meraviglia e reggono anche essi, reggono l’impatto di un incontro non programmato con Gesù eppure atteso, tutti volevano rivederlo, risentirlo, toccarlo di nuovo, mangiare ancora con Lui... E Lui, il Signore asseconda ancora quell’attesa del cuore, dell’anima... Ed ancora prepara loro da mangiare, spezza ancora il pane per loro, lo distribuisce...

Noi crediamo che la stessa cosa avviene anche per noi, anche per noi, durante la Santa Messa, durante la Celebrazione Eucaristica, alla quale arrivano tanti, anche noi, qualche volta stanchi, delusi per le nostre reti vuote, per non aver prodotto, combinato molto in questi giorni, ecco, nonostante questo sulla sponda del lago c’è sempre Qualcuno che ci aspetta, c’è sempre Qualcuno che ha qualcosa per noi, che ci sfama, che ci incoraggia, che ci sostiene, che ci dà forza... E questo Qualcuno è Gesù che ancora spezza il pane per noi.

Il terzo incontro di Gesù Risorto con il gruppo dei discepoli avviene non più nel Cenacolo di Gerusalemme, a porte chiuse, ma all’aperto, sulle rive del lago di Galilea, in un mattino di primavera; si respira aria fresca, aria di universalità, di missione nel mondo.

Anche Luca si era soffermato su una pesca miracolosa, collocandola al capitolo 5 del suo Vangelo. In quella circostanza avveniva che Pietro riconosceva immediatamente in Gesù il suo Maestro.

Diverso è invece il caso della pesca miracolosa narrata da Giovanni: qui avviene che Gesù viene riconosciuto soltanto dopo il prodigioso evento, da parte del discepolo che egli amava, il quale rivolto a Pietro esclama concitatamente: “È il Signore”; anche qui si fa riferimento ad una pesca eccezionale, ma questa volta ne viene precisata la quantità: “153 grossi pesci”; inoltre Gesù consuma il pasto a base di pesce con i suoi discepoli.

La differenza fra i due avvenimenti è una sola: la pesca narrata da Luca riguarda il ministero di Gesù, la chiamata dei discepoli in vista dell’annuncio del Regno; nel caso di Giovanni invece con il miracolo della pesca Gesù intende proporsi ai suoi discepoli come il Risorto che entra in comunione con loro nella nuova veste di gloria. I discepoli pescatori, ma non di uomini, non lo riconoscono immediatamente e Pietro ha bisogno perfino di sentirlo esclamare dall’altro discepolo per poter comprendere che si tratta proprio di Lui e, infine, Gesù deve consumare un pasto assieme ai suoi per far sì che essi una volta per tutte si convincano di Lui; un pasto a base di pani e di pesci, proprio come quelli che Gesù aveva moltiplicato in precedenza per sfamare le folle e, soprattutto, per annunciare sé stesso come il pane vivo disceso dal cielo.

Il fatto di quella pesca miracolosa post-pasquale e la missione che Gesù affida a Pietro sono narrati con il linguaggio proprio dell’esperienza mistica, ricca di simbologia, e con note di una profonda tenerezza. Così è possibile cogliere il messaggio nella sua globalità: il ritorno feriale alla pesca, il numero di sette pescatori, il mare, il fatto di pescare, la notte infruttuosa, l’alba, il Signore sulla riva, l’abbondante pesca, il fuoco per la colazione, il banchetto; e poi la missione affidata a Pietro con un sorprendente test sull’amore, la triplice consegna del gregge, l’impegno di una sequela per tutta la vita fino alla morte... Il simbolismo mistico arricchisce il fatto e ne offre una comprensione più piena e universale. Ad esempio, se il mare è simbolo delle forze nemiche dell’uomo, pescare e divenire pescatori di uomini vuol dire liberare dalle situazioni di morte, e la pesca diventa simbolo della missione apostolica. Il successo di tale missione, per quanto rischiosa, si vede nei “153 grossi pesci”. Fra le tante interpretazioni di questo numero, ne sottolineo due: anzitutto l’esattezza contabile di un testimone oculare ma anche il simbolismo del “50x3+3”, dove il 50 è simbolo della totalità del popolo e il 3 indica la perfezione. Non sfugge quindi nessun pesce. Il banchetto, al quale sono invitati da Gesù, ricorda la conclusione della storia della salvezza. E nella triplice consegna missionaria Pietro diviene pastore di tutto il gregge. Sull’unica barca, simbolo dell’unica Chiesa, tutti i discepoli sono guidati da Pietro: è lui che si tuffa incontro al Signore sull’onda delle parole del fratello che ha riconosciuto Gesù: è la logica della Chiesa. Ognuno diventa per l’altro annuncio di Cristo; ognuno trascina l’altro nel cammino verso il Signore. Nessuno può conoscere o seguire Cristo da solo. Sulle rive di questo mondo Lui, il Risorto, continua ad attenderci. Quando siamo stanchi e a mani vuote, ci invita a gettare le reti per regalarci una pesca miracolosa. E ci prepara la tavola per farci sedere a mensa con Lui.

È il Signore”, esclama il discepolo prediletto. È questo il grido di fede che è richiesto ad ogni credente. Dopo gli avvenimenti della Pasqua, il cammino di fede dei discepoli deve continuare: i vangeli sono tutti d’accordo nel mostrarci la fatica nel credere della prima comunità cristiana, una fatica che ci consola per quelle che viviamo anche noi ogni giorno. Pietro e i suoi amici sono ritornati alla vita di sempre, alla consuetudine antica del mestiere che conoscevano. Gesù li aveva costituiti pescatori di uomini e loro ritornano a pescare semplicemente dei pesci. L’avvenimento della Risurrezione non è ancora entrato nella loro esistenza, nonostante le apparizioni del Signore: è necessaria una nuova chiamata, l’incontro decisivo con il Risorto, la riconferma di Pietro.

Gesù che si siede vicino ai discepoli per condividere con loro il pesce appena cotto ci esprime la vicinanza di Dio anche nel momento della gioia, come in precedenza in quello della tristezza e dello scoraggiamento.

Ma quello che più colpisce in questa pagina di Vangelo è quel suggestivo, tenero, forte dialogo con Pietro: “Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli»“. Gesù ripeté per ben tre volte questa domanda; sicuramente Lui conosceva la generosità di Pietro e il suo amore per il Maestro, ma ne conosceva anche la fragilità ed ora la vuole risanare attraverso quella ripetuta professione d’amore e di fedeltà del pescatore al quale un giorno aveva affidato la sua Chiesa, trasformandolo in pescatore di uomini. Cristo insiste in quella domanda: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?”, e sicuramente Simone avrà ripensato all’angoscia di quella notte, quando prima del canto del gallo rinnegò tre volte il suo Signore, lo rinnegò travolto dagli eventi, lo rinnegò sopraffatto dalla paura; ma ora, nell’incontro col Risorto, tutto cambia, ora Cristo lo ha trasformato e gli affida tutti i suoi fratelli, tutti quanti vedranno la luce di questo mondo e che un uomo, scelto da Dio e investito dello stesso ministero di Pietro, confermerà nella fede e condurrà sulla via della Salvezza, via che attraversa il mondo con la forza dell’Amore.

Pietro è stato interrogato sull’amore per il suo Signore, e anche noi lo siamo, ogni giorno, ed ogni giorno, per tutto l’arco della vita, come lui, siamo chiamati ad ascoltare l’invito del Redentore che ci ripete: «Seguimi!».

 

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Ultimo aggiornamento: 13-04-10