Il Vangelo che ascoltiamo questa domenica ci presenta sette
discepoli che vanno a pescare nel mare di Tiberiade. Niente
di nuovo si direbbe, fanno quello che hanno fatto tante
volte, ma è quello che hanno fatto prima di aver incontrato
Gesù. Compiono un gesto che era stato per loro usuale,
quotidiano. Tante volte avranno sperimentato la gioia di una
pesca abbondante. Ora, questa notte, provano delusione
perché questa volta la rete è vuota, non hanno preso nulla.
I discepoli hanno lavorato, faticato tutta la notte: questo
vale per tutti i discepoli, pensando sia alla fatica fisica
sia a quella spirituale, la fatica che accompagna le nostre
opere e i nostri giorni. Non solo c’è la fatica, ma anche il
senso di delusione; alla fatica, all’impegno non corrisponde
un risultato: in quella notte non presero proprio nulla. E
nel pieno della delusione e della stanchezza si sente una
voce che sembra conosciuta, una parola che invita a
riprovare, che intende risvegliare gli animi, risvegliare ad
una fedeltà, ad una fiducia, ad un’apertura alla promessa di
Gesù, del Signore che dice: «Buttate ancora le reti,
riprovate ancora». I discepoli potevano cedere alla
stanchezza, alla delusione, invece obbediscono, si fidano
della parola che viene pronunciata, la parola sulla loro
vita, si affidano, si abbandonano alla parola del Signore.
Ed ecco, il miracolo si compie. E nel segno del miracolo
sentono la presenza del Signore, del Risorto che non
abbandona i suoi discepoli ma li accompagna sempre, che è
sempre con loro nel loro cammino di vita e di fede. Le reti
sono piene di pesci e reggono, non si spezzano, i cuori sono
ripieni di gioia e di meraviglia e reggono anche essi,
reggono l’impatto di un incontro non programmato con Gesù
eppure atteso, tutti volevano rivederlo, risentirlo,
toccarlo di nuovo, mangiare ancora con Lui... E Lui, il
Signore asseconda ancora quell’attesa del cuore,
dell’anima... Ed ancora prepara loro da mangiare, spezza
ancora il pane per loro, lo distribuisce...
Noi crediamo che la stessa cosa avviene anche per noi, anche
per noi, durante la Santa Messa, durante la Celebrazione
Eucaristica, alla quale arrivano tanti, anche noi, qualche
volta stanchi, delusi per le nostre reti vuote, per non aver
prodotto, combinato molto in questi giorni, ecco, nonostante
questo sulla sponda del lago c’è sempre Qualcuno che ci
aspetta, c’è sempre Qualcuno che ha qualcosa per noi, che ci
sfama, che ci incoraggia, che ci sostiene, che ci dà
forza... E questo Qualcuno è Gesù che ancora spezza il pane
per noi.
Il terzo incontro di Gesù Risorto con il gruppo dei
discepoli avviene non più nel Cenacolo di Gerusalemme, a
porte chiuse, ma all’aperto, sulle rive del lago di Galilea,
in un mattino di primavera; si respira aria fresca, aria di
universalità, di missione nel mondo.
Anche Luca si era soffermato su una pesca miracolosa,
collocandola al capitolo 5 del suo Vangelo. In quella
circostanza avveniva che Pietro riconosceva immediatamente
in Gesù il suo Maestro.
Diverso è invece il caso della pesca miracolosa narrata da
Giovanni: qui avviene che Gesù viene riconosciuto soltanto
dopo il prodigioso evento, da parte del discepolo che egli
amava, il quale rivolto a Pietro esclama concitatamente: “È
il Signore”; anche qui si fa riferimento ad una pesca
eccezionale, ma questa volta ne viene precisata la quantità:
“153 grossi pesci”; inoltre Gesù consuma il pasto a
base di pesce con i suoi discepoli.
La differenza fra i due avvenimenti è una sola: la pesca
narrata da Luca riguarda il ministero di Gesù, la chiamata
dei discepoli in vista dell’annuncio del Regno; nel caso di
Giovanni invece con il miracolo della pesca Gesù intende
proporsi ai suoi discepoli come il Risorto che entra in
comunione con loro nella nuova veste di gloria. I discepoli
pescatori, ma non di uomini, non lo riconoscono
immediatamente e Pietro ha bisogno perfino di sentirlo
esclamare dall’altro discepolo per poter comprendere che si
tratta proprio di Lui e, infine, Gesù deve consumare un
pasto assieme ai suoi per far sì che essi una volta per
tutte si convincano di Lui; un pasto a base di pani e di
pesci, proprio come quelli che Gesù aveva moltiplicato in
precedenza per sfamare le folle e, soprattutto, per
annunciare sé stesso come il pane vivo disceso dal cielo.
Il fatto di quella pesca miracolosa post-pasquale e la
missione che Gesù affida a Pietro sono narrati con il
linguaggio proprio dell’esperienza mistica, ricca di
simbologia, e con note di una profonda tenerezza. Così è
possibile cogliere il messaggio nella sua globalità: il
ritorno feriale alla pesca, il numero di sette
pescatori, il mare, il fatto di pescare, la
notte infruttuosa, l’alba, il Signore sulla riva,
l’abbondante pesca, il fuoco per la colazione, il
banchetto; e poi la missione affidata a Pietro con un
sorprendente test sull’amore, la triplice consegna del
gregge, l’impegno di una sequela per tutta la vita fino alla
morte... Il simbolismo mistico arricchisce il fatto e ne
offre una comprensione più piena e universale. Ad esempio,
se il mare è simbolo delle forze nemiche dell’uomo,
pescare e divenire pescatori di uomini vuol
dire liberare dalle situazioni di morte, e la pesca
diventa simbolo della missione apostolica. Il successo di
tale missione, per quanto rischiosa, si vede nei “153 grossi
pesci”. Fra le tante interpretazioni di questo numero, ne
sottolineo due: anzitutto l’esattezza contabile di un
testimone oculare ma anche il simbolismo del “50x3+3”, dove
il 50 è simbolo della totalità del popolo e il 3 indica la
perfezione. Non sfugge quindi nessun pesce. Il banchetto, al
quale sono invitati da Gesù, ricorda la conclusione della
storia della salvezza. E nella triplice consegna missionaria
Pietro diviene pastore di tutto il gregge. Sull’unica barca,
simbolo dell’unica Chiesa, tutti i discepoli sono guidati da
Pietro: è lui che si tuffa incontro al Signore sull’onda
delle parole del fratello che ha riconosciuto Gesù: è la
logica della Chiesa. Ognuno diventa per l’altro annuncio di
Cristo; ognuno trascina l’altro nel cammino verso il
Signore. Nessuno può conoscere o seguire Cristo da solo.
Sulle rive di questo mondo Lui, il Risorto, continua ad
attenderci. Quando siamo stanchi e a mani vuote, ci invita a
gettare le reti per regalarci una pesca miracolosa. E ci
prepara la tavola per farci sedere a mensa con Lui.
“È il Signore”, esclama il discepolo prediletto. È
questo il grido di fede che è richiesto ad ogni credente.
Dopo gli avvenimenti della Pasqua, il cammino di fede dei
discepoli deve continuare: i vangeli sono tutti d’accordo
nel mostrarci la fatica nel credere della prima comunità
cristiana, una fatica che ci consola per quelle che viviamo
anche noi ogni giorno. Pietro e i suoi amici sono ritornati
alla vita di sempre, alla consuetudine antica del mestiere
che conoscevano. Gesù li aveva costituiti pescatori di
uomini e loro ritornano a pescare semplicemente dei pesci.
L’avvenimento della Risurrezione non è ancora entrato nella
loro esistenza, nonostante le apparizioni del Signore: è
necessaria una nuova chiamata, l’incontro decisivo con il
Risorto, la riconferma di Pietro.
Gesù che si siede vicino ai discepoli per condividere con
loro il pesce appena cotto ci esprime la vicinanza di Dio
anche nel momento della gioia, come in precedenza in quello
della tristezza e dello scoraggiamento.
Ma quello che più colpisce in questa pagina di Vangelo è
quel suggestivo, tenero, forte dialogo con Pietro: “Quand’ebbero
mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di
Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo,
Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i
miei agnelli»“. Gesù ripeté per ben tre volte questa
domanda; sicuramente Lui conosceva la generosità di Pietro e
il suo amore per il Maestro, ma ne conosceva anche la
fragilità ed ora la vuole risanare attraverso quella
ripetuta professione d’amore e di fedeltà del pescatore al
quale un giorno aveva affidato la sua Chiesa, trasformandolo
in pescatore di uomini. Cristo insiste in quella
domanda: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di
costoro?”, e sicuramente Simone avrà ripensato
all’angoscia di quella notte, quando prima del canto del
gallo rinnegò tre volte il suo Signore, lo rinnegò travolto
dagli eventi, lo rinnegò sopraffatto dalla paura; ma ora,
nell’incontro col Risorto, tutto cambia, ora Cristo lo ha
trasformato e gli affida tutti i suoi fratelli, tutti quanti
vedranno la luce di questo mondo e che un uomo, scelto da
Dio e investito dello stesso ministero di Pietro, confermerà
nella fede e condurrà sulla via della Salvezza, via che
attraversa il mondo con la forza dell’Amore.
Pietro è stato interrogato sull’amore per il suo Signore, e
anche noi lo siamo, ogni giorno, ed ogni giorno, per tutto
l’arco della vita, come lui, siamo chiamati ad ascoltare
l’invito del Redentore che ci ripete: «Seguimi!».