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Riflessione sulle Letture Festive

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

21 Marzo 2010 - V Domenica di Quaresima (Anno C)

Pubblicato: lunedì 15 marzo 2010

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

Con questa quinta Domenica, la Quaresima volge alla fine e si avvia verso la grande Settimana Santa della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. Più volte, in questo tempo, siamo stati esortati alla conversione del nostro cuore eppure, ognuno di noi, si scopre ancora tanto simile a sé stesso. Forse abbiamo ascoltato poco la parola di Dio e non si è radicata nel cuore e nella realtà della nostra vita; insomma, ci ha trasformati poco.

Credo che tutti siamo ben consapevoli della difficoltà che ha il tempo del Signore a inserirsi nello scorrere convulso del nostro tempo quotidiano e degli ostacoli che i sentimenti e gli inviti di Dio trovano nella selva dei nostri sentimenti e dei tanti inviti che ogni giorno riceviamo. Questo tempo favorevole di Quaresima spesso lo abbiamo soffocato con gli impegni, con le preoccupazioni e, perché no, con le banalità che ci prendono e ci soggiogano. Così ognuno è rimasto quel che era. Questa domenica ci viene nuovamente incontro e, in qualche modo, ci prende e ci trascina davanti a Gesù ancora una volta.

Domenica scorsa abbiamo contemplato l’abbraccio del Padre che stringe a sé e riabilita, col suo Amore, il figlio che era andato lontano da casa e aveva sciupato, non solo il capitale avuto in dono, ma anche anni della sua esistenza. Una parabola con cui il Signore ci esortava a credere nella infinita misericordia del Padre celeste e a lasciarci riconciliare con Lui per vivere nella pace vera dell’anima. Oggi, dalla parabola passiamo alla realtà: Gesù dà tutto il suo perdono alla donna peccatrice, le cambia il cuore, le dà la possibilità e la forza di ricominciare tutto da capo, di “non peccare più”. Al centro del racconto sembra esserci questa persona col carico del suo peccato, una donna infelice, umiliata sotto lo sguardo di tutti, disprezzata, meritevole soltanto di essere eliminata e, per di più, con la violenza della lapidazione; in realtà il centro del discorso è l’Amore che perdona.

Se ci lasciamo coinvolgere da questo racconto e chiudiamo gli occhi, ci sembrerà di vedere Gesù che prende questa donna per mano e la alza da terra, cioè la solleva dalla sua condizione di miseria e la rimette in piedi. Gesù non era venuto per condannare e tanto meno per consegnare alla morte per lapidazione; Gesù è venuto per parlare e per rialzare alla vita. Dice a quella donna: «Va’», come dire: “ritorna alla vita, riprendi il tuo cammino”, e aggiunge: «Non peccare più», ossia: percorri la via sulla quale ti ho posto, la via della misericordia e del perdono: è la via sulla quale il Signore, di domenica in domenica, mette coloro che si avvicinano a lui.

Nell’episodio della peccatrice adultera abbiamo notato il tranello che i farisei e gli scribi tendono a Gesù, ricordando la chiarezza della legge.

Pensavano infatti: “se condanna la donna va contro la tanto conclamata misericordia; se la perdona, si mette contro la legge. In ambedue i casi ne esce sconfitto”. Gesù, chinatosi, si mette a «scrivere con il dito per terra». È un atteggiamento strano: Gesù sta in silenzio, come farà durante la passione davanti a personaggi come Pilato ed Erode. Il Signore della Parola, la Parola di Dio incarnata, l’uomo che aveva fatto della predicazione la sua vita e il suo servizio fino alla morte, ora tace.

La legge è chiara, non ci sono dubbi. Una donna che va con un altro uomo non merita pietà. Gli scribi e i farisei conoscono bene la legge e chiedono a Gesù di applicarla, senza mezzi termini. Del resto ci troviamo non in un luogo qualsiasi, ma sulla spianata del tempio, in un luogo sacro, in una “casa di preghiera”. Della donna e del male che ha commesso, a quella gente non importa nulla; per loro è solo un pretesto per mettere Gesù in difficoltà.

È la coscienza ipocrita, dell’uomo, che spia il comportamento dell’altro uomo, per coglierlo in fallo accusarlo, screditarlo e danneggiarlo; mentre il modo di guardare di Dio è completamente diverso: Dio, quando volge il suo sguardo sull’uomo, lo fa per salvarlo, per risanarlo, per ricrearlo come splendida immagine di Lui che è Padre, mai per coglierlo in fallo e annientarlo.

Gesù è venuto a portare misericordia, a guarire i malati, per questo lascia libera la donna. “Nessuno ti ha condannata?... Neppure io ti condanno!”. Ma è venuto anche per togliere il male, lottare contro il male. Per questo le dice: “Và e non peccare più”. Sono le parole più belle e più grandi del cuore di Dio a chi sente tutta la sofferenza dei propri peccati. Gesù dice a ciascuno: “Io non ti condanno”. Gesù non è venuto a condannare il mondo ma a salvarlo; non è venuto per i giusti, ma per i peccatori...

Vogliamo imparare tutto l’insegnamento di Gesù mettendoci al posto della

Peccatrice: non dobbiamo avere paura di incontrare Gesù quando abbiamo sbagliato, quando siamo nel peccato, nella debolezza, nella tentazione. Gesù ci ama sempre... È proprio l’unica cosa necessaria che ci possa capitare e che noi dobbiamo cercare: l’incontro con Gesù che prende le nostre difese, ci capisce, ci perdona e ci salva. La fiducia nella misericordia del Signore deve diventare la luce e la forza di ogni giorno della nostra vita.

Mentre Gesù scrive con il dito per terra, nel tempio c’è un silenzio che doveva pesare, quanto le pietre, che avrebbero dovuto colpire la donna. Poi, rialzato il capo, Gesù disse: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei», e riprese a scrivere per terra.

Chi di voi è senza peccato...”: solo il giusto può giudicare, ma il Giusto ha come metro la misericordia.

Chi di voi è senza peccato”; una frase sconcertante con la quale il Figlio di Dio dichiara che i peccati son tutti uguali perché, tutti indistintamente, costituiscono un “adulterio” nei confronti dell’Amore di Dio.

In un’altra occasione, il Maestro aveva detto “Non giudicate, così, non sarete giudicati; infatti, col giudizio, con cui giudicate, sarete giudicati, e con la misura con cui misurate, vi sarà misurato”.

Nessun uomo può farsi giudice dell’altro uomo, piuttosto, deve esaminare le profondità del proprio cuore, per presentarlo a Dio, affinché Lui lo risani e lo liberi dalla colpa.

Ora, la donna è sola con Gesù, ora il Maestro può incontrare quello sguardo smarrito, ci sono solo loro due. Commenta Sant’Agostino: “restano in due  la miseria e la misericordia... e la miseria è risolta nell’Amore perché, la donna è risanata dall’incontro con Cristo, non giudice, ma Salvatore dell’uomo”.

Nell’anonima donna, sono simboleggiate tutte le nostre infermità morali; i nostri tradimenti a Dio, i nostri vagabondaggi lontano da Lui, forse, le nostre posizioni contro di Lui. Siamo peccatori ma sappiamo che, da qualche parte, Cristo ci attende e, nell’incontro con Lui, la nostra colpa è perdonata e la sua misericordia ci dà energia nuova per continuare nel cammino in novità di vita; come ci ricorda il profeta Isaia, nel passo della prima lettura:

«Non ricordate più le cose passate,

non pensate più alle cose antiche!

Ecco, faccio una cosa nuova:

proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?»

Vogliamo imparare tutto l’insegnamento di Gesù, mettendoci al posto dei farisei e degli scribi. Gesù ci aiuta a esaminare la nostra coscienza, a essere onesti e sinceri, a riconoscere che anche noi tante volte facciamo i peccati che denunciamo negli altri e che, anzi, possiamo essere, certe volte, noi stessi causa di quei peccati. Si tratta di depositare i sassi.

Facciamo degli esempi: noi puntiamo il dito contro l’immoralità nei giovani, nelle famiglie, nelle relazioni sociali. Ma forse siamo in parte noi stessi causa di tutto questo, quando si permette una cultura che banalizza e strumentalizza la sessualità, che scardina la fedeltà, la famiglia, l’impegno e il sacrificio. Oppure puntiamo il dito sulla scarsa religiosità e la scarsa frequenza alla chiesa. O ci scandalizziamo di fronte a tante forme di magia e di satanismo. Ma come presentiamo la religione, come coltiviamo l’educazione religiosa nelle famiglie, come siamo accanto ai ragazzi e ai giovani nella loro crescita, come viviamo la fede noi adulti?

Di questi esempi ciascuno ne può trovare tanti altri. Si tratta di deporre davanti a Cristo questi sassi che vorremmo scagliare; si tratta di esaminare e convertire il nostro cuore per non essere più gente che giudica, ma gente che prende coscienza dei propri peccati e responsabilità e prende su di sé, sull’esempio di Cristo, i peccati dell’umanità, per vincerli e portare la salvezza, la grazia, la vita vera...

 

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Ultimo aggiornamento: 15-03-10