21 Marzo 2010 - V Domenica di Quaresima (Anno C)
Pubblicato:
lunedì 15 marzo 2010
Se vuoi,
prima di leggere la riflessione,
clicca qui per le letture
dal Lezionario
Con
questa quinta Domenica, la Quaresima volge alla fine e si
avvia verso la grande Settimana Santa della Passione, Morte
e Risurrezione di Gesù. Più volte, in questo tempo, siamo
stati esortati alla conversione del nostro cuore eppure,
ognuno di noi, si scopre ancora tanto simile a sé stesso.
Forse abbiamo ascoltato poco la parola di Dio e non si è
radicata nel cuore e nella realtà della nostra vita;
insomma, ci ha trasformati poco.
Credo che
tutti siamo ben consapevoli della difficoltà che ha il tempo
del Signore a inserirsi nello scorrere convulso del nostro
tempo quotidiano e degli ostacoli che i sentimenti e gli
inviti di Dio trovano nella selva dei nostri sentimenti e
dei tanti inviti che ogni giorno riceviamo. Questo tempo
favorevole di Quaresima spesso lo abbiamo soffocato con gli
impegni, con le preoccupazioni e, perché no, con le banalità
che ci prendono e ci soggiogano. Così ognuno è rimasto quel
che era. Questa domenica ci viene nuovamente incontro e, in
qualche modo, ci prende e ci trascina davanti a Gesù ancora
una volta.
Domenica
scorsa abbiamo contemplato l’abbraccio del Padre che stringe
a sé e riabilita, col suo Amore, il figlio che era andato
lontano da casa e aveva sciupato, non solo il capitale avuto
in dono, ma anche anni della sua esistenza. Una parabola con
cui il Signore ci esortava a credere nella infinita
misericordia del Padre celeste e a lasciarci riconciliare
con Lui per vivere nella pace vera dell’anima. Oggi, dalla
parabola passiamo alla realtà: Gesù dà tutto il suo perdono
alla donna peccatrice, le cambia il cuore, le dà la
possibilità e la forza di ricominciare tutto da capo, di “non
peccare più”. Al centro del racconto sembra esserci
questa persona col carico del suo peccato, una donna
infelice, umiliata sotto lo sguardo di tutti, disprezzata,
meritevole soltanto di essere eliminata e, per di più, con
la violenza della lapidazione; in realtà il centro del
discorso è l’Amore che perdona.
Se ci lasciamo coinvolgere da
questo racconto e chiudiamo gli occhi, ci sembrerà di vedere
Gesù che prende questa donna per mano e la alza da terra,
cioè la solleva dalla sua condizione di miseria e la rimette
in piedi. Gesù non era venuto per condannare e tanto meno
per consegnare alla morte per lapidazione; Gesù è venuto per
parlare e per rialzare alla vita. Dice a quella donna: «Va’»,
come dire: “ritorna alla vita, riprendi il tuo cammino”, e
aggiunge: «Non peccare più», ossia: percorri la via
sulla quale ti ho posto, la via della misericordia e del
perdono: è la via sulla quale il Signore, di domenica in
domenica, mette coloro che si avvicinano a lui.
Nell’episodio della peccatrice adultera abbiamo notato il
tranello che i farisei e gli scribi tendono a Gesù,
ricordando la chiarezza della legge.
Pensavano
infatti: “se condanna la donna va contro la tanto conclamata
misericordia; se la perdona, si mette contro la legge. In
ambedue i casi ne esce sconfitto”. Gesù, chinatosi, si mette
a «scrivere con il dito per terra». È un
atteggiamento strano: Gesù sta in silenzio, come farà
durante la passione davanti a personaggi come Pilato ed
Erode. Il Signore della Parola, la Parola di Dio incarnata,
l’uomo che aveva fatto della predicazione la sua vita e il
suo servizio fino alla morte, ora tace.
La legge
è chiara, non ci sono dubbi. Una donna che va con un altro
uomo non merita pietà. Gli scribi e i farisei conoscono bene
la legge e chiedono a Gesù di applicarla, senza mezzi
termini. Del resto ci troviamo non in un luogo qualsiasi, ma
sulla spianata del tempio, in un luogo sacro, in una “casa
di preghiera”. Della donna e del male che ha commesso, a
quella gente non importa nulla; per loro è solo un pretesto
per mettere Gesù in difficoltà.
È la
coscienza ipocrita, dell’uomo, che spia il comportamento
dell’altro uomo, per coglierlo in fallo accusarlo,
screditarlo e danneggiarlo; mentre il modo di guardare di
Dio è completamente diverso: Dio, quando volge il suo
sguardo sull’uomo, lo fa per salvarlo, per risanarlo, per
ricrearlo come splendida immagine di Lui che è Padre, mai
per coglierlo in fallo e annientarlo.
Gesù è
venuto a portare misericordia, a guarire i malati, per
questo lascia libera la donna. “Nessuno ti ha
condannata?... Neppure io ti condanno!”. Ma è venuto
anche per togliere il male, lottare contro il male. Per
questo le dice: “Và e non peccare più”. Sono le
parole più belle e più grandi del cuore di Dio a chi sente
tutta la sofferenza dei propri peccati. Gesù dice a
ciascuno: “Io non ti condanno”. Gesù non è venuto a
condannare il mondo ma a salvarlo; non è venuto per i
giusti, ma per i peccatori...
Vogliamo
imparare tutto l’insegnamento di Gesù mettendoci al posto
della
Peccatrice: non dobbiamo avere paura di incontrare Gesù
quando abbiamo sbagliato, quando siamo nel peccato, nella
debolezza, nella tentazione. Gesù ci ama sempre... È proprio
l’unica cosa necessaria che ci possa capitare e che noi
dobbiamo cercare: l’incontro con Gesù che prende le nostre
difese, ci capisce, ci perdona e ci salva. La fiducia nella
misericordia del Signore deve diventare la luce e la forza
di ogni giorno della nostra vita.
Mentre
Gesù scrive con il dito per terra, nel tempio c’è un
silenzio che doveva pesare, quanto le pietre, che avrebbero
dovuto colpire la donna. Poi, rialzato il capo, Gesù disse:
«Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra
contro di lei», e riprese a scrivere per terra.
“Chi
di voi è senza peccato...”: solo il giusto può
giudicare, ma il Giusto ha come metro la misericordia.
“Chi
di voi è senza peccato”; una frase sconcertante con la
quale il Figlio di Dio dichiara che i peccati son tutti
uguali perché, tutti indistintamente, costituiscono un
“adulterio” nei confronti dell’Amore di Dio.
In
un’altra occasione, il Maestro aveva detto “Non
giudicate, così, non sarete giudicati; infatti, col
giudizio, con cui giudicate, sarete giudicati, e con la
misura con cui misurate, vi sarà misurato”.
Nessun
uomo può farsi giudice dell’altro uomo, piuttosto, deve
esaminare le profondità del proprio cuore, per presentarlo a
Dio, affinché Lui lo risani e lo liberi dalla colpa.
Ora, la
donna è sola con Gesù, ora il Maestro può incontrare quello
sguardo smarrito, ci sono solo loro due. Commenta
Sant’Agostino: “restano in due la miseria e la
misericordia... e la miseria è risolta nell’Amore perché, la
donna è risanata dall’incontro con Cristo, non giudice, ma
Salvatore dell’uomo”.
Nell’anonima donna, sono simboleggiate tutte le nostre
infermità morali; i nostri tradimenti a Dio, i nostri
vagabondaggi lontano da Lui, forse, le nostre posizioni
contro di Lui. Siamo peccatori ma sappiamo che, da qualche
parte, Cristo ci attende e, nell’incontro con Lui, la nostra
colpa è perdonata e la sua misericordia ci dà energia nuova
per continuare nel cammino in novità di vita; come ci
ricorda il profeta Isaia, nel passo della prima lettura:
«Non
ricordate più le cose passate,
non
pensate più alle cose antiche!
Ecco,
faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?»
Vogliamo
imparare tutto l’insegnamento di Gesù, mettendoci al posto
dei farisei e degli scribi. Gesù ci aiuta a esaminare la
nostra coscienza, a essere onesti e sinceri, a riconoscere
che anche noi tante volte facciamo i peccati che denunciamo
negli altri e che, anzi, possiamo essere, certe volte, noi
stessi causa di quei peccati. Si tratta di depositare i
sassi.
Facciamo
degli esempi: noi puntiamo il dito contro l’immoralità nei
giovani, nelle famiglie, nelle relazioni sociali. Ma forse
siamo in parte noi stessi causa di tutto questo, quando si
permette una cultura che banalizza e strumentalizza la
sessualità, che scardina la fedeltà, la famiglia, l’impegno
e il sacrificio. Oppure puntiamo il dito sulla scarsa
religiosità e la scarsa frequenza alla chiesa. O ci
scandalizziamo di fronte a tante forme di magia e di
satanismo. Ma come presentiamo la religione, come coltiviamo
l’educazione religiosa nelle famiglie, come siamo accanto ai
ragazzi e ai giovani nella loro crescita, come viviamo la
fede noi adulti?
Di questi
esempi ciascuno ne può trovare tanti altri. Si tratta di
deporre davanti a Cristo questi sassi che vorremmo
scagliare; si tratta di esaminare e convertire il nostro
cuore per non essere più gente che giudica, ma gente che
prende coscienza dei propri peccati e responsabilità e
prende su di sé, sull’esempio di Cristo, i peccati
dell’umanità, per vincerli e portare la salvezza, la grazia,
la vita vera...