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Riflessione sulle Letture Festive

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

25 Luglio 2010 - XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Pubblicato: lunedì 19 luglio 2010

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

 

"Gesù si trovava in un luogo a pregare …"

Gesù, nei momenti decisivi della vita, si ritira per pregare il Padre e Luca lo riferisce spesso anche durante questo lungo viaggio verso Gerusalemme. Alla richiesta dei discepoli: "Signore, insegnaci a pregare …" Gesù risponde con una catechesi sulla preghiera che apre orizzonti nuovi ed impensabili. La grande novità portata da Gesù consiste nel fatto che ci presenta Dio come "Padre". I suoi discepoli entrano, così, in dialogo con Dio, chiamandolo "Padre buono": se Abramo era "l'amico" di Dio i cristiani sono "i figli" di Dio che è Padre.

Luca riporta la preghiera di Gesù al Padre diversa da quella riportata da Matteo: manca qualche frase, qualche altra è leggermente diversa; forse è dovuto ad un diverso modo di tradurre in greco o, forse, ad una diversificazione della tradizione, ma quello che conta è che siamo davanti alla forma di preghiera come era prima che diventasse il "Padrenostro", ovvero una formula da recitare a memoria. Questo non ci deve disorientare, anzi, costituisce un'indicazione preziosa: Gesù non voleva trasmetterci una formula da imparare a memoria ma un modo di pregare che và al di là delle parole che usiamo.

Nella preghiera Gesù si rivolge al Padre con una confidenza inaudita: in aramaico, "Abbà", papà, papino o qualunque modo dolce dei bambini di rivolgersi al proprio papà. Se è vero che con questa preghiera Gesù apre come una finestra sull'infinita bontà e tenerezza di Dio è altrettanto vero  che il volto di Dio come Padre si può riconoscere solo al termine di un lungo percorso; lungo quanto le peregrinazioni del popolo ebraico, a partire da Abramo, passando per Mosè, Davide, i profeti, fino a Gesù e che anche noi possiamo fare se affrontiamo con la preghiera le peregrinazioni della nostra vita, le nostre scelte, i nostri cambiamenti, le nostre sofferenze. Se all'inizio di questo cammino noi non sappiamo chi realmente è Dio, vivendo autenticamente e pregando con sincerità di cuore, alla fine Lo scopriremo come Padre.

La prima condizione per una preghiera disinvolta e attenta è la fiducia incondizionata in un Dio Padre che si mostra benigno e indulgente nei confronti dell'uomo. Sia che Egli ci dia l'impressione di averci abbandonati, sia che nutriamo la certezza che Lui è sempre vicino a noi la preghiera deve essere fatta con "Fiducia" senza mostrare riserve né tentennamenti.

In tempi di benessere o di prosperità la fiducia in Dio ci conduce a considerarLo un costante punto di riferimento; in situazioni di crisi, panico e disperazione, quando cioè siamo assillati dai problemi la nostra fiducia in Dio ci consentirà di pregarLo.

Fiducia è ciò che spinge Abramo il quale, nonostante si consideri uomo indegno e imperfetto, non esita a parlare al Signore con estrema confidenza e risolutezza. Abramo con molta umiltà, mista a fiducia nella misericordia del Signore, fa notare che quella città potrebbe ospitare anche pochissime persone giuste e irreprensibili che non meriterebbero di essere punite alla pari delle altre; in altre parole Abramo confida nella bontà e nella misericordia del Signore e, per questo, non esita a rivolgersi con estrema filialità e spontaneità di spirito, ottenendo di essere ascoltato dal Signore.

Anche Gesù invita i suoi a pregare Dio con fiducia: "Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui …" La parabola accentua la "certezza" di essere ascoltati. Spesso le nostre relazioni sono deturpate dagli interessi personali: la gratuità ha ceduto il posto alla "compenso" e otteniamo qualche forma di solidarietà tra noi esseri umani solo con la promessa di un "contraccambio". Sappiamo che il Padre ci dà gratuitamente ogni giorno il "pane quotidiano", ma andiamo a "importunare" gli amici per averne un po' in prestito. Dio non agisce così e non si sente importunato dalle richieste che nascono dalle necessità dei suoi figli, ci dice di chiedere con la fiducia con cui i bambini chiedono al papà: "chiedete e riceverete; cercate e troverete..."

È, appunto, con la fiducia e la spontaneità dei figli che noi possiamo pregare Dio riconoscendolo Padre per chiedere, innanzitutto, che il suo Nome sia riconosciuto universalmente e che si realizzi il suo Regno di giustizia di pace in questo mondo e nell'Altro.

Pregare così non significa che non possiamo domandare grazie e benefici per noi stessi e per gli altri, tutt'altro, perché ci aiuta a riconoscere il nostro stato di dipendenza filiale da Dio e dalla Sua Provvidenza; ma, come insegna la seconda parte della preghiera del Padre Nostro, è fondamentale che domandiamo l'essenziale per la nostra esistenza: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano".

Spesso facciamo una "lista delle richieste" e se sono esaudite, siamo pure disposti a "pagare le promesse" o le "grazie ricevute". Altre volte chiediamo a Dio di fare Lui ciò che possiamo fare noi come visitare gli ammalati, fare un po’ di compagnia alle persone sole, portare una parola di conforto o di consolazione, perdonarci fraternamente, condividere lo stesso piatto benedetto del pane quotidiano … Il rischio è che si possa instaurare una sorta di pretesa magica per cui pretendiamo  di ottenere quello che chiediamo e alle nostre condizioni: una tale preghiera, che vuole piegare Dio alla nostra volontà, costringendolo ad eseguire solo ed esclusivamente e nella misura da noi pretesa le nostre richieste, non potrà mai essere accolta né gradita.

San Giacomo avverte che tante volte la nostra preghiera non trova accoglimento perché chiediamo male: "Chiedete e non ottenete, perché chiedete male, ossia con l'intento di dilapidare", animati cioè da egoismo e ambizioni personali.

Dovremmo chiedere al Signore l'umile coraggio di perdonare con lo stesso impeto con cui chiediamo di essere perdonati; o la volontà di restituire quello che abbiamo derubato con la nostra ingordigia e mania di accumulo con la stessa forza con cui chiediamo per noi lussi e cose superflue, allora: "Il Padre celeste... darà lo Spirito Santo, a noi, cattivi, che sappiamo dare cose buone ai nostri figli". Santifichiamo il nome di Dio accogliendo lo spirito della condivisione, del perdono. Allora non ci meraviglieremo se anche i nostri nomi saranno scritti in cielo e la gioia sarà grande, per tutti. Sarà il trionfo della tenacia di pregare il Padre buono, accettando e vivendo il progetto di Vita del suo figlio Gesù. Allora sapremo fare anche noi i miracoli, boccioli e segni meravigliosi che anticiperanno la beatitudine dei costruttori di pace e di giustizia.

Dobbiamo instaurare una relazione amichevole con il Signore, familiarizzare con Dio per arrivare ad una preghiera sincera e spontanea con Colui che riconosciamo essere il nostro Padre che ci ama.

 

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