"Gesù si trovava in un
luogo a pregare …"
Gesù, nei momenti decisivi
della vita, si ritira per pregare il Padre e Luca lo
riferisce spesso anche durante questo lungo viaggio verso
Gerusalemme. Alla richiesta dei discepoli:
"Signore, insegnaci a
pregare …" Gesù risponde con una catechesi sulla
preghiera che apre orizzonti nuovi ed impensabili. La grande
novità portata da Gesù consiste nel fatto che ci presenta
Dio come "Padre". I suoi discepoli entrano, così, in dialogo
con Dio, chiamandolo "Padre buono": se Abramo era "l'amico"
di Dio i cristiani sono "i figli" di Dio che è Padre.
Luca riporta la preghiera di
Gesù al Padre diversa da quella riportata da Matteo: manca
qualche frase, qualche altra è leggermente diversa; forse è
dovuto ad un diverso modo di tradurre in greco o, forse, ad
una diversificazione della tradizione, ma quello che conta è
che siamo davanti alla forma di preghiera come era prima che
diventasse il "Padrenostro", ovvero una formula da recitare
a memoria. Questo non ci deve disorientare, anzi,
costituisce un'indicazione preziosa: Gesù non voleva
trasmetterci una formula da imparare a memoria ma un modo di
pregare che và al di là delle parole che usiamo.
Nella preghiera Gesù si
rivolge al Padre con una confidenza inaudita: in aramaico, "Abbà",
papà, papino o qualunque modo dolce dei bambini di
rivolgersi al proprio papà. Se è vero che con questa
preghiera Gesù apre come una finestra sull'infinita bontà e
tenerezza di Dio è altrettanto vero che il volto di Dio
come Padre si può riconoscere solo al termine di un lungo
percorso; lungo quanto le peregrinazioni del popolo ebraico,
a partire da Abramo, passando per Mosè, Davide, i profeti,
fino a Gesù e che anche noi possiamo fare se affrontiamo con
la preghiera le peregrinazioni della nostra vita, le nostre
scelte, i nostri cambiamenti, le nostre sofferenze. Se
all'inizio di questo cammino noi non sappiamo chi realmente
è Dio, vivendo autenticamente e pregando con sincerità di
cuore, alla fine Lo scopriremo come Padre.
La prima condizione per una
preghiera disinvolta e attenta è la fiducia incondizionata
in un Dio Padre che si mostra benigno e indulgente nei
confronti dell'uomo. Sia che Egli ci dia l'impressione di
averci abbandonati, sia che nutriamo la certezza che Lui è
sempre vicino a noi la preghiera deve essere fatta con
"Fiducia" senza mostrare riserve né tentennamenti.
In tempi di benessere o di
prosperità la fiducia in Dio ci conduce a considerarLo un
costante punto di riferimento; in situazioni di crisi,
panico e disperazione, quando cioè siamo assillati dai
problemi la nostra fiducia in Dio ci consentirà di pregarLo.
Fiducia è ciò che spinge
Abramo il quale, nonostante si consideri uomo indegno e
imperfetto, non esita a parlare al Signore con estrema
confidenza e risolutezza. Abramo con molta umiltà, mista a
fiducia nella misericordia del Signore, fa notare che quella
città potrebbe ospitare anche pochissime persone giuste e
irreprensibili che non meriterebbero di essere punite alla
pari delle altre; in altre parole Abramo confida nella bontà
e nella misericordia del Signore e, per questo, non esita a
rivolgersi con estrema filialità e spontaneità di spirito,
ottenendo di essere ascoltato dal Signore.
Anche Gesù invita i suoi a
pregare Dio con fiducia: "Se uno di voi ha un amico e a
mezzanotte va da lui …" La parabola accentua la
"certezza" di essere ascoltati. Spesso le nostre relazioni
sono deturpate dagli interessi personali: la gratuità ha
ceduto il posto alla "compenso" e otteniamo qualche forma di
solidarietà tra noi esseri umani solo con la promessa di un
"contraccambio". Sappiamo che il Padre ci dà gratuitamente
ogni giorno il "pane quotidiano", ma andiamo a "importunare"
gli amici per averne un po' in prestito. Dio non agisce così
e non si sente importunato dalle richieste che nascono dalle
necessità dei suoi figli, ci dice di chiedere con la fiducia
con cui i bambini chiedono al papà: "chiedete e
riceverete; cercate e troverete..."
È, appunto, con la fiducia e
la spontaneità dei figli che noi possiamo pregare Dio
riconoscendolo Padre per chiedere, innanzitutto, che il suo
Nome sia riconosciuto universalmente e che si realizzi il
suo Regno di giustizia di pace in questo mondo e nell'Altro.
Pregare così non significa
che non possiamo domandare grazie e benefici per noi stessi
e per gli altri, tutt'altro, perché ci aiuta a riconoscere
il nostro stato di dipendenza filiale da Dio e dalla Sua
Provvidenza; ma, come insegna la seconda parte della
preghiera del Padre Nostro, è fondamentale che domandiamo
l'essenziale per la nostra esistenza: "Dacci oggi il
nostro pane quotidiano".
Spesso facciamo una "lista
delle richieste" e se sono esaudite, siamo pure disposti a
"pagare le promesse" o le "grazie ricevute". Altre volte
chiediamo a Dio di fare Lui ciò che possiamo fare noi come
visitare gli ammalati, fare un po’ di compagnia alle persone
sole, portare una parola di conforto o di consolazione,
perdonarci fraternamente, condividere lo stesso piatto
benedetto del pane quotidiano … Il rischio è che si possa
instaurare una sorta di pretesa magica per cui pretendiamo
di ottenere quello che chiediamo e alle nostre condizioni:
una tale preghiera, che vuole piegare Dio alla nostra
volontà, costringendolo ad eseguire solo ed esclusivamente e
nella misura da noi pretesa le nostre richieste, non potrà
mai essere accolta né gradita.
San Giacomo avverte che tante
volte la nostra preghiera non trova accoglimento perché
chiediamo male: "Chiedete e non ottenete, perché chiedete
male, ossia con l'intento di dilapidare", animati cioè
da egoismo e ambizioni personali.
Dovremmo chiedere al Signore
l'umile coraggio di perdonare con lo stesso impeto con cui
chiediamo di essere perdonati; o la volontà di restituire
quello che abbiamo derubato con la nostra ingordigia e mania
di accumulo con la stessa forza con cui chiediamo per noi
lussi e cose superflue, allora: "Il Padre celeste... darà
lo Spirito Santo, a noi, cattivi, che sappiamo dare cose
buone ai nostri figli". Santifichiamo il nome di Dio
accogliendo lo spirito della condivisione, del perdono.
Allora non ci meraviglieremo se anche i nostri nomi saranno
scritti in cielo e la gioia sarà grande, per tutti. Sarà il
trionfo della tenacia di pregare il Padre buono, accettando
e vivendo il progetto di Vita del suo figlio Gesù. Allora
sapremo fare anche noi i miracoli, boccioli e segni
meravigliosi che anticiperanno la beatitudine dei
costruttori di pace e di giustizia.