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Riflessione sulle Letture Festive

a cura del Diacono Gaetano Bellino

 

Anno Liturgico 2009-2010 (Anno C)

 

 

18 Luglio 2010 - XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Pubblicato: lunedì 12 luglio 2010

Se vuoi, prima di leggere la riflessione, clicca qui per le letture dal Lezionario

Il brano di Vangelo di questa domenica inizia così: “...una donna di nome Marta, lo accolse nella sua casa...”. L’accoglienza è, appunto, il tema fondamentale della Liturgia Eucaristica di questa domenica. Accogliere è un atteggiamento del nostro cuore da cui dipende la nostra salvezza; dice infatti, Giovanni nel Prologo del suo Vangelo: “Venne tra i suoi, ma, i suoi, non lo accolsero. A quanti, però, lo accolsero, diede il potere di diventare figli di Dio: a coloro che credono nel suo nome...”. Di accoglienza si parla, anche nella prima lettura, con il passo tratto dal libro della Genesi che ci racconta come “...il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre”.

Abramo, in una misteriosa apparizione, vede tre uomini nei quali percepisce la presenza di Dio, per questo “si prostrò fino a terra” invitandoli, anzi supplicandoli di “non passare oltre” e subito iniziò quel rito di accoglienza riservata agli ospiti di riguardo secondo la tradizione che lui conosceva bene. È commovente la premura con la quale l’anziano Patriarca accoglie i Tre, ai quali si rivolge, al singolare, col nome di “signore”; e Dio, che si rivelava a lui, nelle sembianze dei misteriosi viandanti, ricompensa l’accoglienza generosa, con la grande promessa: «Tornerò da te fra un anno, e a questa data Sara, tua moglie, avrà un figlio».

È il dono grande che Dio fa di sé, della sua Presenza e della conoscenza del suo Mistero, a chiunque Lo cerchi con cuore sincero e Lo accolga come “Signore” da servire anche se nascosto nelle sembianze di un pellegrino o di un povero.

Sulla stessa linea è il racconto di Luca: anche nel passo del Vangelo, infatti, si parla di una visita inattesa, e di un pranzo.

Gesù, durante il suo viaggio verso Gerusalemme, giunge a Betania dove ad accoglierlo c’è Marta che offre al Maestro e ai discepoli che lo accompagnavano un’ospitalità perfetta; di lei Luca traccia un ritratto con poche parole: “ era distolta per i molti servizi...”.

Questa descrizione di Marta richiama alla mente la descrizione della “donna perfetta” che troviamo nel libro dei Proverbi: “Ben superiore alle perle è il suo valore.... si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla famiglia, dà ordine alle domestiche...si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle braccia....Apre le sue mani al misero e stende la mano al povero.... sulla sua lingua c’è dottrina di bontà...” ( Pr.31,10 ss.)

Marta incarna il modello di persona accogliente ed ospitale, che ha un gran da fare, tanto che, come sembra dal racconto, il tempo non le basta.

Il nostro tempo è, troppo spesso, pieno di cose da fare, e così le occupazioni diventano preoccupazioni, tanto che anche il nostro spazio interiore, quello che dovrebbe essere riservato esclusivamente alla preghiera e all’intimità con il nostro Signore, è affollato da impegni che talvolta appaiono urgenti, inderogabili, e le giornate diventano frenetiche.

Marta assomiglia molto ad uno qualunque di noi: sempre in lotta con il tempo e con i ritmi serrati della vita, che richiede impegno nella famiglia e nel lavoro.

Così, questa donna operosa, oberata di lavoro si rivolge, potremmo anche dire, con determinazione all’amico Gesù, dicendogli: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».

La sorella di Marta, Maria, è una figura sognante, distante dagli affanni quotidiani; la giovane donna si è raccolta ai piedi dell’Amico, nell’atteggiamento tipico di ogni fedele e Lo ascolta; lei ha un gran desiderio: stare col suo Maestro e la sua accoglienza si esprime nell’ascolto attento della Parola di Lui che dà senso alla vita.

Come Marta richiama la figura della donna dei Proverbi, così Maria richiama alla mente un’altra figura di donna, icona dell’accoglienza, dell’ascolto e della contemplazione assidua: è Maria di Nazareth, la Madre di cui Luca scrive “Maria, da parte sua, conservava tutte queste parole, meditandole nel suo cuore”. (Lc.2,19)

Sono due donne diverse, ma, entrambe accolgono con amore il Maestro, anche se il loro modo di amare si esprime in maniera diversa.

Gesù, apparentemente, sembra privilegiare il valore della scelta di Maria: “ di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”; quasi a dire che nella vita ciò che conta, veramente, è conoscere e accogliere Dio e il Mistero, che Egli ci ha rivelato in Cristo, per viverlo con fedeltà e amore; tutto il resto ci sarà dato, in abbondanza, da quel Dio che è Padre e, largamente, provvede ai suoi figli. (Lc.12,23-32)

In realtà Gesù ci dà una splendida lezione sulla vita interiore. La fede corre su due binari: la contemplazione e l’azione, Maria e Marta. Non esiste vera contemplazione che non porti all’agire, a nutrire Cristo nel volto del fratello affamato, all’accogliere Cristo nel profugo, a confortare Gesù nell’afflitto. Così come non esiste vera azione che non affondi le sue radici e trovi forza nel silenzioso contemplare il mistero di Dio. Marta e Maria, non Marta o Maria. Troppo spesso questo brano è stato stravolto, per affermare una presunta superiorità del contemplare sull’agire. Se leggiamo bene scopriamo che Gesù dicendo che Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta sostiene che sempre possiamo rifugiarci in quel tempio che è il nostro cuore e, lì, ritrovare il silenzioso e sorridente volto di Dio; sempre possiamo trovare rifugio nel Maestro, mentre non sempre l’agire, il servizio, la carità, offre soddisfazioni e consolazioni.

L’itinerario che ci indicano le sorelle di Betania, simbolo di ogni credente, è quello di passare dall’affanno di ciò che dobbiamo fare per Lui allo stupore di ciò che Lui fa per noi. Passare da Dio come “dovere” a Dio come “desiderio”.

Maria, che conosce bene Gesù, Lo ascolta stupefatta; resta incantata dalle sue Parole come fosse la prima volta. Gesù non cerca servitori, ma amici; non cerca delle persone che facciano delle cose per Lui, ma gente che gli lasci fare delle cose grandi, come Maria di Nazareth: “grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. Il centro di tutta la fede è ciò che Dio fa per noi, non ciò che noi facciamo per Dio.

Maria ha scelto la parte buona, ha iniziato cioè, dalla parte giusta, il cammino che ha origine dal cuore a cuore con Dio, dal tu per tu, dal faccia a faccia. Il primo servizio da rendere a Dio è ascoltarLo, standogli vicino; la prima preghiera è contemplazione, non tanto guardare Lui, quanto lasciarsi guardare da Lui. Più importante ancora del “fare” è il “perché fare”.

Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose …”. Gesù non contraddice il servizio, ma l’affanno; non il desiderio, ma la dispersione dei desideri; una sola è la cosa di cui c’è bisogno: sedersi ai piedi di Cristo per discernere tra superfluo e necessario, tra effimero ed eterno.

Marta e Maria,dunque, non si oppongono, i loro atteggiamenti sono complementari, sono due modi d’amare, entrambi necessari, i due poli di un unico comandamento: amerai il Signore tuo Dio e amerai il tuo prossimo; di un’unica beatitudine: beati quelli che ascoltano la Parola, beati quelli che la mettono in pratica.

Marta e Maria formano quell’unità di vita che, partendo dalla contemplazione del Cristo, Figlio di Dio, opera, poi, a favore dell’umanità nella Chiesa.

 

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Ultimo aggiornamento: 12-07-10