Il brano di Vangelo di questa
domenica inizia così: “...una donna di nome Marta, lo
accolse nella sua casa...”. L’accoglienza è, appunto, il
tema fondamentale della Liturgia Eucaristica di questa
domenica. Accogliere è un atteggiamento del nostro cuore da
cui dipende la nostra salvezza; dice infatti, Giovanni nel
Prologo del suo Vangelo: “Venne tra i suoi, ma, i suoi,
non lo accolsero. A quanti, però, lo accolsero, diede il
potere di diventare figli di Dio: a coloro che credono nel
suo nome...”. Di accoglienza si parla, anche nella prima
lettura, con il passo tratto dal libro della Genesi che ci
racconta come “...il Signore apparve ad Abramo alle
Querce di Mamre”.
Abramo, in una misteriosa
apparizione, vede tre uomini nei quali percepisce la
presenza di Dio, per questo “si prostrò fino a terra”
invitandoli, anzi supplicandoli di “non passare oltre”
e subito iniziò quel rito di accoglienza riservata agli
ospiti di riguardo secondo la tradizione che lui conosceva
bene. È commovente la premura con la quale l’anziano
Patriarca accoglie i Tre, ai quali si rivolge, al singolare,
col nome di “signore”; e Dio, che si rivelava a lui,
nelle sembianze dei misteriosi viandanti, ricompensa
l’accoglienza generosa, con la grande promessa: «Tornerò
da te fra un anno, e a questa data Sara, tua moglie, avrà un
figlio».
È il dono grande che Dio fa
di sé, della sua Presenza e della conoscenza del suo
Mistero, a chiunque Lo cerchi con cuore sincero e Lo accolga
come “Signore” da servire anche se nascosto nelle sembianze
di un pellegrino o di un povero.
Sulla stessa linea è il
racconto di Luca: anche nel passo del Vangelo, infatti, si
parla di una visita inattesa, e di un pranzo.
Gesù, durante il suo viaggio
verso Gerusalemme, giunge a Betania dove ad accoglierlo c’è
Marta che offre al Maestro e ai discepoli che lo
accompagnavano un’ospitalità perfetta; di lei Luca traccia
un ritratto con poche parole: “
…
era distolta per i molti servizi...”.
Questa descrizione di Marta
richiama alla mente la descrizione della “donna perfetta”
che troviamo nel libro dei Proverbi: “Ben superiore alle
perle è il suo valore.... si alza quando ancora è notte e
prepara il cibo alla famiglia, dà ordine alle
domestiche...si cinge con energia i fianchi e spiega la
forza delle braccia....Apre le sue mani al misero e stende
la mano al povero.... sulla sua lingua c’è dottrina di
bontà...” ( Pr.31,10 ss.)
Marta incarna il modello di
persona accogliente ed ospitale, che ha un gran da fare,
tanto che, come sembra dal racconto, il tempo non le basta.
Il nostro tempo è, troppo
spesso, pieno di cose da fare, e così le occupazioni
diventano preoccupazioni, tanto che anche il nostro spazio
interiore, quello che dovrebbe essere riservato
esclusivamente alla preghiera e all’intimità con il nostro
Signore, è affollato da impegni che talvolta appaiono
urgenti, inderogabili, e le giornate diventano frenetiche.
Marta assomiglia molto ad uno
qualunque di noi: sempre in lotta con il tempo e con i ritmi
serrati della vita, che richiede impegno nella famiglia e
nel lavoro.
Così, questa donna operosa,
oberata di lavoro si rivolge, potremmo anche dire, con
determinazione all’amico Gesù, dicendogli: «Signore, non
t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a
servire? Dille dunque che mi aiuti».
La sorella di Marta, Maria, è
una figura sognante, distante dagli affanni quotidiani; la
giovane donna si è raccolta ai piedi dell’Amico,
nell’atteggiamento tipico di ogni fedele e Lo ascolta; lei
ha un gran desiderio: stare col suo Maestro e la sua
accoglienza si esprime nell’ascolto attento della Parola di
Lui che dà senso alla vita.
Come Marta richiama la figura
della donna dei Proverbi, così Maria richiama alla mente
un’altra figura di donna, icona dell’accoglienza,
dell’ascolto e della contemplazione assidua: è Maria di
Nazareth, la Madre di cui Luca scrive “Maria, da parte
sua, conservava tutte queste parole, meditandole nel suo
cuore”. (Lc.2,19)
Sono due donne diverse, ma,
entrambe accolgono con amore il Maestro, anche se il loro
modo di amare si esprime in maniera diversa.
Gesù, apparentemente, sembra
privilegiare il valore della scelta di Maria: “…
di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto
la parte migliore, che non le sarà tolta”;
quasi a dire che nella vita ciò che conta, veramente, è
conoscere e accogliere Dio e il Mistero, che Egli ci ha
rivelato in Cristo, per viverlo con fedeltà e amore; tutto
il resto ci sarà dato, in abbondanza, da quel Dio che è
Padre e, largamente, provvede ai suoi figli. (Lc.12,23-32)
In realtà Gesù ci dà una
splendida lezione sulla vita interiore. La fede corre su due
binari: la contemplazione e l’azione, Maria e Marta. Non
esiste vera contemplazione che non porti all’agire, a
nutrire Cristo nel volto del fratello affamato,
all’accogliere Cristo nel profugo, a confortare Gesù
nell’afflitto. Così come non esiste vera azione che non
affondi le sue radici e trovi forza nel silenzioso
contemplare il mistero di Dio. Marta e Maria, non Marta o
Maria. Troppo spesso questo brano è stato stravolto, per
affermare una presunta superiorità del contemplare
sull’agire. Se leggiamo bene scopriamo che Gesù dicendo che
Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta
sostiene che sempre possiamo rifugiarci in quel tempio che è
il nostro cuore e, lì, ritrovare il silenzioso e sorridente
volto di Dio; sempre possiamo trovare rifugio nel Maestro,
mentre non sempre l’agire, il servizio, la carità, offre
soddisfazioni e consolazioni.
L’itinerario che ci indicano
le sorelle di Betania, simbolo di ogni credente, è quello di
passare dall’affanno di ciò che dobbiamo fare per Lui allo
stupore di ciò che Lui fa per noi. Passare da Dio come
“dovere” a Dio come “desiderio”.
Maria, che conosce bene Gesù,
Lo ascolta stupefatta; resta incantata dalle sue Parole come
fosse la prima volta. Gesù non cerca servitori, ma amici;
non cerca delle persone che facciano delle cose per Lui, ma
gente che gli lasci fare delle cose grandi, come Maria di
Nazareth: “grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”.
Il centro di tutta la fede è ciò che Dio fa per noi, non ciò
che noi facciamo per Dio.
Maria ha scelto la parte
buona, ha iniziato cioè, dalla parte giusta, il cammino che
ha origine dal cuore a cuore con Dio, dal tu per tu, dal
faccia a faccia. Il primo servizio da rendere a Dio è
ascoltarLo, standogli vicino; la prima preghiera è
contemplazione, non tanto guardare Lui, quanto lasciarsi
guardare da Lui. Più importante ancora del “fare” è il
“perché fare”.
“Marta, tu ti affanni e ti
agiti per molte cose …”. Gesù non contraddice il
servizio, ma l’affanno; non il desiderio, ma la dispersione
dei desideri; una sola è la cosa di cui c’è bisogno: sedersi
ai piedi di Cristo per discernere tra superfluo e
necessario, tra effimero ed eterno.
Marta e Maria,dunque, non si
oppongono, i loro atteggiamenti sono complementari, sono due
modi d’amare, entrambi necessari, i due poli di un unico
comandamento: amerai il Signore tuo Dio e amerai il tuo
prossimo; di un’unica beatitudine: beati quelli che
ascoltano la Parola, beati quelli che la mettono in pratica.
Marta e Maria formano
quell’unità di vita che, partendo dalla contemplazione del
Cristo, Figlio di Dio, opera, poi, a favore dell’umanità
nella Chiesa.